Vini italiani indietro sul mercato di Hong Kong. Ma la tendenza sta cambiando

Sui mercati orientali il vino italiano, pur in ritardo rispetto ai competitor, ha iniziato a ritagliarsi negli ultimi anni nicchie importanti sia per reputazione che per valore economico del proprio export. Nota ormai l’importanza strategica della Cina, divenuto uno dei principali acquirenti di prodotti enologici italiani, c’è un paese al quale occorrerebbe prestare maggiore attenzione per il futuro prossimo: Hong Kong.

La regione asiatica è infatti al 7° posto al mondo per volume di acquisti di vino con una spesa di circa 1,4 miliardi di dollari all’anno. E se la Francia ha saputo cavalcare quest’onda facendo dell’export verso Hong Kong un mercato da oltre 800 milioni di euro, la stessa cosa non si può dire dell’Italia, nel cui “elenco buyer” la regione amministrativa speciale cinese figura solo al numero 25 per un valore di poco inferiore ai 40 milioni di euro.

Dal creare una massa critica di consorzi e cantine all’iniziare una formazione in loco mirata e capillare, sono diverse le strategie applicabili su questo mercato che rappresenta ormai un’occasione troppo ghiotta e potenzialmente redditizia per essere ancora snobbato.