Frizzanti, aromatici, rosé e non solo. Come i vini italiani stanno conquistando il mercato francese. Ne parliamo con Annibale Fracasso di Torrepaduli

Come i vini italiani stanno conquistando il mercato francese?

Quello tra Francia e Italia, si sa, è da sempre un rapporto ambiguo di amore e odio. Il dato di fatto inconfutabile, però, è che entrambi i paesi possono vantare patrimoni enogastronomici con ben pochi eguali al mondo. 

Ed è su questo terreno che si gioca la partita più importante, specialmente per l’export del settore enologico italiano. I nuovi trend di consumo tra i “cugini” d’Oltralpe ci dicono che guadagnano strada i vini frizzanti italiani, mentre tra i giovani raccolgono consensi sempre più ampi vini bianchi, aromatici e rosati, specialmente toscani, piemontesi e siciliani. 

Negli ultimi anni, inoltre, dai ristoranti più rinomati fino alle trattorie più economiche, la carta dei vini ospita quasi sempre due o tre etichette italiane, in particolare rossi sui 12-13 gradi. Se poi a tutto questo si uniscono storia, qualità e varietà d’uva, allora le potenzialità di business per i produttori del Belpaese si moltiplicano a vista d’occhio.

Ecco come i vini italiani stanno conquistando il mercato francese.

Ne parliamo oggi con un interlocutore d’eccezione: Annibale Fracasso di Torrepaduli, Segretario Generale della Camera di Commercio Italiana per la Francia di Lione.

Chi è Annibale Fracasso di Torrepaduli

Manager della comunicazione istituzionale e internazionale con oltre 25 anni di esperienza, Annibale Fracasso di Torrepaduli è attualmente Segr. Gen. della Camera di Commercio Italiana per la Francia di Lione. Giornalista professionista dal 1995, già Editor in Chief della redazione Money & Business del canale satellitare europeo Euronews nel 2001 e consigliere speciale del Direttore Generale di RAI World nel 2009. Dal 2016 entra alla Camera di Commercio Italiana per la Francia di Lione come Vicepresidente esecutivo con delega alla Comunicazione e Promozione dei grandi eventi di valorizzazione del Made in Italy in Francia. Dal 2019 è Segretario Generale. Cittadino del mondo profondamente legato alle proprie origini salentine, ha tra i suoi attuali compiti l’internazionalizzazione delle aziende italiane in Francia e il monitoraggio del corretto utilizzo dei fondi erogati dal Governo italiano.

Può fornirci qualche dato economico relativo all’import/export in Francia, specialmente per quel che concerne l’ambito enologico e food&beverage?

La Francia è uno dei paesi più importanti dal punto di vista del commercio estero italiano. Nel 2022 si è confermata come il 3° mercato di destinazione dell’export italiano con una quota del 10,1%, in netta crescita rispetto al 2021.

Per quanto riguarda il mercato d’import francese, l’Italia occupa il 5° posto con una quota del 7,4%. In ambito enologico, pur essendo la Francia il secondo produttore mondiale di vino, ha importato dall’Italia prodotti vinicoli per oltre 12,5 miliardi di euro, con una crescita rispetto all’anno precedente del 13%. Contestualmente l’export francese verso l’Italia si è attestato su un +3,8%, fondamentalmente dovuto alla vendita di Cognac, Champagne, vini della Borgogna e Bordeaux.

L’insieme dei vini stranieri, invece, rappresenta il 6% del consumo di vino in Francia, per un valore che raggiunge i 900 milioni di euro con Spagna e Italia come principali venditori.

 

Come i vini italiani stanno conquistando il mercato francese? Esistono dei trend, di consumo e comportamentali, relativi al vino? E in che modo questi convivono con gli usi, i costumi e le tradizioni gastronomiche locali?

Il comparto del vino in Francia sconta due storici fenomeni sociali: l’eccessivo consumo personale di vino di bassa qualità e il prezzo elevato dei vini più rinomati. Dal punto di vista attuale dell’approccio consumistico, il mercato è più orientato al binomio alta qualità/prezzo alto. 

Tuttavia, negli ultimi quattro anni, il consumo di vino, soprattutto rosé, è aumentato tra i giovani. Questo grazie ad una serie di politiche di marketing che prediligono vini leggeri e di qualità media. In generale durante un pasto al ristorante si tende, inoltre, a consumare il vino al calice (con un costo medio mai al di sotto dei 6 euro) piuttosto che in bottiglia, trend diffuso soprattutto per motivi economici, dettati dall’alto prezzo del vino francese. 

Le preferenze dei consumatori francesi sono principalmente rivolte al consumo di vino rosso, al secondo posto troviamo i rosé (identificati come vino da consumare in compagnia nella bella stagione) e bianchi della regione dell’Alsazia o di tipo dolce. Un trend questo che va sempre più consolidandosi soprattutto grazie alla moda, importata dall’Italia, dell’aperitivo che vede anche in alcuni casi persino l’offerta commerciale di vini in lattina ad un prezzo basso.

Più facile, con la consulenza Enora

Il mondo parla inglese, ma sogna italiano. Per chi lavora con un simbolo del made in Italy come il vino, le opportunità per conquistare nuovi mercati sono tutte da cogliere. Enora propone consulenze profilate per produttori e aziende che desiderano esportare i propri vini.

Il concetto di “bio” ha un peso specifico nella realtà francese o non ha ancora assunto connotati di rilievo rispetto ad altri Paesi?

La Francia è al secondo posto a livello europeo per quanto riguarda il settore bio, con 2,3 milioni di ettari coltivati biologicamente e un mercato di quasi 13 miliardi di euro (dati 2022). Le superfici totali coltivate biologicamente rappresentano quasi il 9% della superficie agricola francese contro il 7,5% nel 2018. 

Per quanto riguarda il settore dei vini biologici, il vino bio sta soffrendo a causa dei suoi prezzi allo scaffale più alti su quelli convenzionali: nel 2022, il prezzo medio di una bottiglia di vino biologico venduto nei supermercati e negli ipermercati francesi ha raggiunto i 5,85 euro (+2,4%), mentre il prezzo medio del vino convenzionale si è fermato a 3,79 euro (+3,2%).

Questa tendenza fa parte di un calo più globale delle vendite di prodotti alimentari biologici nei supermercati e dell’arrivo di nuovi volumi di vino biologico certificato. Si tratta di un contesto di calo del numero di supermercati e di crisi di crescita che ha avuto un impatto sul prezzo e sull’attività del vino biologico sfuso, ma che deve essere soppesato con il ridotto peso della GDO nelle vendite di vino biologico (sviluppo storico delle vendite dirette, negozi specializzati, esportazioni, reti tradizionali come enoteche, ristoranti ecc.). 

 

Da addetto ai lavori, quali specificità e quale potenziale rileva nel mercato del vino interno?

Negli ultimi anni i vini italiani hanno soppiantato sia quelli spagnoli che buona parte dell’offerta di vini francesi. Dai ristoranti più rinomati fino alle trattorie più abbordabili la carta dei vini ha quasi sempre 2/3 etichette italiane, in particolare rossi sui 12-13 gradi.

 

Ci sono previsioni di crescita nel settore per il 2023 e per prossimi 5 anni?

Le previsioni per il 2023 sono all’insegna della prudenza. Il rallentamento economico europeo e l’inflazione non permettono di avere ad oggi un quadro esaustivo sulla tendenza agli acquisti di vini. Tuttavia, nelle ultime rilevazioni Nielsen, non si evidenziano cali significativi nel consumo di vini ma, al contrario, la prospettiva del consumo si è allargata alle fasce giovanili della popolazione e questo è in parte dovuto all’effetto post COVID con la ripresa delle attività sociali. Questo è sufficiente per anticipare una buona tendenza in ambito enologico.

 

Esistono opportunità in Francia per i vini italiani?

Negli ultimi 10 anni i consumatori francesi si sono aperti a nuove scoperte nel campo enologico. Sempre più importante è il settore occupato dai vini frizzanti che, non essendo prodotti in Francia, vengono importati da altri paesi, Italia in primis.  Ci sono diverse possibilità per aprire la Francia ai vini italiani, anche grazie alla fama del prosecco nel territorio transalpino. 

Vini bianchi e aromatici o rosati sono sempre più gettonati dai giovani, soprattutto toscani, piemontesi e siciliani. Molto importante per entrare nel mercato francese è la storia, la qualità e la varietà d’uva, per questo i vini italiani partono avanti a vini di produzione esotica.

 

Quali consigli darebbe a un produttore di vino italiano che vuole approcciare al mercato francese?

Per operare nel mercato francese è consigliabile, innanzitutto, curare l’immagine personale e del prodotto/azienda: in Francia viene molto apprezzata sia la credibilità che l’affidabilità della persona o azienda con la quale si vuole fare affari. In secondo luogo bisogna essere disponibili all’invio di campioni di prodotto, sempre per un discorso di affidabilità reciproca. 

Poi c’è l’aspetto logistico: parole chiave in questo mercato, per gli importatori francesi (o importatori che operano in Francia in genere), sono puntualità e “certezza” dell’ordine. Inoltre il catalogo prezzi deve essere comprensivo delle spese di trasporto ed è fondamentale l’utilizzo della lingua francese sul materiale informativo, promozionale e sull’etichettatura del prodotto stesso. 

Infine bisogna ricercare l’innovazione: i consumatori francesi apprezzano molto i prodotti innovativi, sia sotto l’aspetto del gusto sia per quanto riguarda gli ingredienti, in particolare l’adattamento dei prodotti tipici italiani all’utilizzo francese.