Cinque errori da evitare nell’accoglienza degli enoturisti in cantina

Saper distinguere i vari profili di enoturista e far vivere un’esperienza il più possibile autentica. Due regole per l’accoglienza in cantina tra le tante dettate nello scorso weekend ad Alba da Donatella Cinelli Colombini, presidente Nazionale delle Donne del Vino, fondatrice del Movimento Turismo del Vino e titolare di due aziende vinicole in Toscana.
Donatella Cinelli Colombini parla di accoglienza in cantina di enoturisti
Donatella Cinelli Colombini durante il suo intervento al corso Winetelling

Durante il suo intervento al corso Winetelling organizzato da Enora, ha inquadrato il fenomeno dell’enoturismo attraverso i numeri: in Italia ogni anno i turisti del vino sono 15 milioni, per un fatturato che rappresenta una percentuale tra il 12 e il 20% del business delle cantine. «Il consumo globale di vino si sposta ma non cresce – ha sottolineato – mentre ogni anno al mondo ci sono 50 milioni di turisti in più. È uno scenario che impone alle cantine un gioco di squadra per allargare il proprio giro di affari.»

Accogliere in cantina gli enoturisti è un’attività che può mettere in luce la produzione di un’azienda. Ma se gestita nel modo sbagliato, il visitatore difficilmente sceglierà – o consiglierà – quel vino in futuro. Quali sono allora gli errori da evitare? Dall’intervento di Donatella Cinelli Colombini abbiamo raccolto questi spunti, da stampare e rileggere di tanto in tanto.

  1. Non pensare che esista un solo tipo di enoturista. C’è quello che arriva in cantina per caso, magari seguendo un classico tour Venezia – Firenze – Roma. C’è quello competente che desidera un’esperienza immersiva. E poi l’opinion leader, l’amante del lusso, il wine lover. Ognuno di loro ha un differente livello di preparazione sul vino. È importante capire quale pubblico si desidera intercettare e di conseguenza organizzare un’accoglienza che ne rispecchi le aspettative.

  2. Mai essere ripetitivi. A meno di avere ospiti particolarmente interessati ai metodi di produzione, è meglio preparare un percorso di presentazione che non si limiti agli aspetti tecnici. La maggior parte degli enoturisti ama ascoltare la storia della cantina e dei fondatori, è affascinata dalla cultura locale e dai paesaggi. Un’accoglienza efficace fa emergere questi elementi, che fanno parte del vino: una meta turistica si sceglie per la sua unicità.

  3. Non avere paura delle novità. I dati sull’enoturismo dimostrano che c’è grande richiesta per le degustazioni innovative: che sia itinerante o nel vigneto, con vino versato dalla botte o da bottiglie custodite nelle celle più suggestive della cantina, l’esperienza deve sorprendere e stimolare la curiosità del visitatore. Le aziende più strutturate offrono addirittura la possibilità di essere enologo per un giorno. L’enoturista assembla il suo vino, lo imbottiglia e se lo porta a casa con orgoglio.

  4. No agli odori. E no anche ai profumi. Anche se gli ambienti della cantina possono sembrare puliti, esistono fonti di cattivi odori che rischiano di rovinare la degustazione. I macchinari per la pulizia dei bicchieri, ad esempio, con il tempo diventano causa di un retrogusto sgradevole nei calici. Da limitare – meglio evitare del tutto – l’uso di dopobarba e profumi. Anch’essi raggiungono le narici dei visitatori e alterano sensibilmente la percezione del vino.

  5. Non ignorare le recensioni. L’obiettivo di chi fa accoglienza è la soddisfazione dei visitatori, prima ancora della vendita delle bottiglie. Enoturisti che lasciano la cantina con il sorriso sulle labbra sono il primo passo per avere valutazioni positive. E le recensioni online sono tenute in considerazione non solo dai turisti, ma anche dai buyer.