Come è percepito in Cina il vino italiano? Quali sono le abitudini dei consumatori, i possibili trend e le opportunità per le nostre etichette su un mercato tanto vario?
La nostra rubrica “Vini & Mercati” ci porta oggi in Cina, potenza economica mondiale in ascesa costante ma soprattutto realtà tanto eterogenea quanto le sue province, i suoi dialetti, le sue etnie e le sue differenti culture, specialmente enogastronomiche.
Per analizzare meglio questa complessa realtà abbiamo parlato con la chef italiana Roberta Bari. Pugliese, classe 1986, Roberta è Executive Chef presso la Scuola Italiana Paritaria d’Ambasciata di Pechino dove si occupa dell’alimentazione quotidiana dei bambini. Parallelamente organizza laboratori formativi con ragazzi di tutte le fasce d’età, eventi per famiglie ed eventi pubblicitari aperti al pubblico e ai media. Offre inoltre consulenze a brand italiani presenti sul territorio cinese e alla Camera di Commercio Italo Cinese per l’organizzazione del Gala annuale. Rientrata in Puglia per il capodanno cinese nel 2020, è attualmente “bloccata” in Italia a causa dell’emergenza sanitaria in corso.
Ecco che cosa ci ha raccontato…
A inizio 2020 la Cina è stata vista dal resto del mondo come il paese “responsabile” della pandemia. Credi che questa idea esista ancora e stia in qualche modo bloccando le nostre cantine dal cercare spazi su quel mercato?
Credo che sia passato il momento della colpevolizzazione della Cina perché oggi stiamo vivendo altre preoccupazioni come i vaccini, le zone rosse, gli ospedali ancora una volta pieni. Probabilmente qualcuno lo pensa ancora, ma ritengo che non sia il motivo che blocca le nostre cantine in questo passo, penso sia piuttosto un po’ di preoccupazione dovuta al generale clima di incertezza che caratterizza questo periodo storico. Non avrebbe difatti molto fondamento preoccuparsi della Cina in quanto “untore”, dal momento che in Cina le attività commerciali sono state riavviate già da qualche mese a differenza delle nostre.
Com’è attualmente la situazione locale per chi opera nell’import del vino? C’è ricerca di nuove etichette da introdurre sul mercato?
Credo che la pandemia abbia cambiato tutto il mondo, e che la Pechino del mio cuore, quella in cui ho vissuto per tanti anni, non sia più la Pechino di adesso. Quando ho lasciato la Cina il mercato del vino era pullulante e in trepidazione. Sempre più cantine Italiane si affacciavano sul mercato cinese, e grazie al lavoro delle istituzioni, di importatori e commerciali, le vendite di vino italiano erano aumentate acquistando qualche posizione rispetto al vino francese, che aveva già conquistato da anni la terra di mezzo.
È possibile tracciare il profilo di un “consumatore-tipo” cinese di vino?
Direi piuttosto che ci sono diversi profili di consumatori in Cina. Ci sono le generazioni più giovani, che hanno viaggiato, hanno studiato e si interfacciano molto con l’estero. Sono curiosi, hanno assaggiato e apprezzano l’enogastronomia europea, oltre ad avere una discreta possibilità economica. Ci sono gli intenditori, i collezionisti, che amano il vino e collezionano bottiglie importanti, e le degustano in occasioni speciali. Ci sono poi quelli che considerano il vino come uno status symbol, i dirigenti di aziende, che usano bottiglie di vino importanti per fare regali, per sottolineare e mostrare la propria disponibilità economica, consumando bottiglie da migliaia di euro facendo brindisi e bevendo “alla goccia” durante cene di rappresentanza o cene di lavoro.
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In quali luoghi i cinesi acquistano vino?
In Cina l’e-commerce era già molto sviluppato, avanti anni luce rispetto a noi, e con la pandemia e le reclusioni forzate è stato il mezzo principale. Molto spesso se si è del settore, se si hanno contatti, si può parlare con il proprio rappresentante o rivenditore di fiducia su wechat (il corrispettivo di Whatsapp) su cui è possibile anche effettuare direttamente i pagamenti. Ci sono poi supermercati locali, supermercati specializzati in prodotti di importazione, negozi specializzati per la vendita di vino e alcolici in generale.
Comprano più per bere a casa, magari tra amici, o in locali, ristoranti ecc.?
La Cina è davvero molto grande e racchiude tante tipologie diverse di persone, locali e stranieri, con abitudini disparate. I giovani sicuramente amano vedersi fuori per bere vino, cocktails in locali e incontrare gente, anche se credo che nell’ultimo anno tutti abbiano preferito rimanere in casa. Si beve a casa con gli amici il sabato sera, durante le feste come per esempio il Capodanno Cinese, con tutta la famiglia riunita attorno al tavolo. Sempre più spesso poi è possibile trovare una selezione di vini (non sempre stranieri, ma sempre più vini prodotti in Cina) in locali di cucina tradizionale: per esempio molto spesso si abbinano vini rossi all’hot pot.
C’è una fascia di clienti già matura e preparata sulle tipologie di vino?
Assolutamente sì! Se in passato si preferiva il vino francese, più conosciuto, o vino cileno e australiano perché più economici, negli ultimi anni i consumatori sono sempre più informati. Si tende ad acquistare vini già provati in soggiorni all’estero, ma c’è anche una fascia di più curiosi che si cimentano in corsi da sommelier, studiano e approfondiscono. Infine, anche le università hanno aggiunto corsi di enologia o affini.
È un consumatore che cerca e si informa o che va in qualche modo educato?
È sicuramente un consumatore che va educato, non perché non sappia bere, ma perché la biodiversità italiana è così varia e complessa che ritengo debba essere spiegata e raccontata per poter far apprezzare tutte le sfaccettature e tutti i colori che ci regala. Tuttavia, è un popolo che si informa, soprattutto i giovani! Viaggiano, leggono su internet, ricercano, escono e provano gusti nuovi. Quando la scelta è ampia si orientano più facilmente su nomi più conosciuti, ma la fascia dei più giovani e di un ceto sociale medi alto è più propenso ad assimilare e comprendere sapori nuovi, abbinarli a pietanze straniere, ma anche e soprattutto a gusti tradizionali.
Qual è l’idea che hanno dell’Italia e del vino italiano in particolare?
È ancora un po’ meno conosciuto del vino francese, nonostante la rimonta degli ultimi anni. Tuttavia i cinesi amano il cibo italiano e lo stile italiano, e per molti il vino fa parte di queste due categorie. Sempre più spesso si fanno foto chic con un calice di vino rosso da condividere sui social per dare un tocco di eleganza, raffinatezza e ricercatezza. Sempre più cinesi viaggiano in Italia e apprezzano tutto il bello che abbiamo, dalla natura al cibo, al design; e sempre più cinesi dopo un primo viaggio furtivo in Europa in tour super affollati, scelgono di ritornare in Italia e approfondire le loro visite.
Ci sono etichette o tipologie che hanno più mercato o incontrano maggiormente i gusti dei consumatori cinesi?
Chianti e Barolo sono tra i più famosi, ma negli ultimi anni frequentando fiere ed eventi mediatici dedicati al mercato del vino, ho notato un notevole e crescente interesse verso altre etichette anche di cantine più piccole e vitigni meno conosciuti. In linea di massima non amano molto i vini secchi, e le donne preferiscono vini un po’ più dolci e fruttati.
Esistono dei trend di consumo legati alle singole città o regioni?
Le città di prima fascia, le metropoli, quelle più internazionali sono sicuramente più aperte a un consumo di vino più variegato. In queste città ci sono giovani, gente di un ceto sociale e culturale più elevato, gente che viaggia e tanti ristoranti stranieri dove possono trovare cibo e vino di importazione (Pechino, Shanghai). Ci sono poi città, comunque metropoli considerando le dimensioni delle nostre città, che vengono definite di seconda o terza fascia, in base allo sviluppo economico, e in queste città i consumi e le conoscenze potrebbero essere leggermente inferiori, ma rappresentano un mercato più fertile e meno saturo (Tianjin, Chengdu, Xi’An).
Le persone, le città e le attività commerciali e ristorative come stanno vivendo questo periodo storico e quali sensazioni hanno sul futuro prossimo?
Sono andata via appena prima che si scatenasse tutta questa situazione che coinvolge tutto il mondo da ormai più di un anno. Quello che vedo attraverso i video e le foto dei miei amici rimasti lì è una Cina che ha voglia di tornare a vivere, come anche noi in Italia, e che già da qualche mese vive situazioni di maggiore normalità. Molti ristoranti hanno chiuso, altri sono rimasti aperti e sono sopravvissuti a questo momento di crisi, altri ancora hanno investito in nuove aperture. La Cina va avanti, con cautela, magari più in sordina rispetto a prima, ma va avanti. Non so che ruolo occupi il vino nella nuova riorganizzazione del paniere dei consumi durante e dopo la pandemia, ma sono sicura che così come in Italia, la gente abbia voglia e bisogno di riprendere una nuova serenità e spensieratezza, e tornare a brindare insieme.